Fra le piante, la più utile e la più propagata è la vile - la vite attirò le prime colonie su questo vulcanico masso - la vite fe’ mutare la tristezza in letizia a queste contrade - la vite abbellì di eterno riso
queste colline; e se per poco vi sparse lo squallore, lo dileguò ben presto, apportando abbondanza e
ricchezza da riparare ai sofferti danni.
La maggior parte di queste viti poco si alzano dal suolo, ed il loro basso fusto è appoggiato a pali
di legno-castagno, posti a filari o pergolati di poca altezza, al modo latino, come suol dirsi.
Bassissimi poi veggonsi tali vigneti intralciati e palati nei luoghi montuosi esposti al vento, ed in
quelli marini esposti all’imperversar dei flutti che potrebbero intristirne il frutto, o lo sbuccio.
Verso la pianura di Campagnano, e di Piejo, queste viti alzano il loro fragile fusto all’altezza de’
pioppi e degli altri alberi, o de’ lunghi pali interi, ai quali sono maritate, a somiglianza degli arbusteti
della Campania, oggi Terra di lavoro.
La vite cominciò qui ad avere origine dagli Euboici: essi condussero questa pianta dal!’isola Enbea,
donde erano partiti; mentre ivi Macri, figlia di Aristeo, nutrice di Bacco, verso il 480 A. G. C., arrecava tale pianta, la propagava, e la rendea profigua nella detta isola di Negroponte, che con 1’industria
e col commercio civilizzava; e non contenta distendea, a profitto dei Feaci nell’isola di Corcira, tale
utile trovato.
Quando gli Eritresi approdarono in quest’isola, portarono con esso loro questa preziosa pianta,
tenuta come sacra, perché dedicata al loro nume.
Trovando quest’isola atta ad una tale coltivazione, perché di vulcanico suolo, tosto ne approfittarono, piantandovi la vite.
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L’uva che nasce in quest’isola non è di un sol colore, e di unica qualità.
Se ne coniano più di 50 specie, delle quali variabilissimo n’è il pregio.
La maggior parte di queste uve sono di color biondo più o meno carico; la minore quantità è di un
nero variabile.
Tanto colle uve bianche - così dette - che colle nere o rosse - come dal volgo si chiamano - si raccoglie un vino generoso, razzente, limpido, dolce, fragante, pregiato e ricercato.
I vini più ricercati sono il greco, il sorbigno, il codacavallo, il latino - rinomati presso gli antichi.
Contribuisce più il suolo, ed il sito della vigna alla generosità e merito del vino, anziché le qualità
delle uve; e ciò nasce che la fabbricazione del vino è qui stazionaria, non si è portata alcuna migliorazione alla manifattura di esso; e si fa come si facea, si seguita a vendere a botte, mentre si potrebbe
vendere in barilotti, ed in bottiglie.
Le uve dell’isola d’Ischia, anche come frutto, hanno un sapore dolce e squisito, esse sono nutritive
e diluenti; formano la ricchezza delle famiglie, l’agiatezza de’ Comuni, l’ornamento dei cellai.
Usando una similitudine non da romanzo, ma una parafrasi dalla Scrittura attinta, convien affermare,
che la Provvidenza facea risorgere in Ischia la vigna di Encadde, la terra di Gerico del nuovo patto;
mentre di sorprendente volume, di nettareo sapore, di aureo colorito, sono alcuni grappoli, che solo
le vigne di quest’isola particolarmente producono, e non sono iperboliche queste asserzioni, perché
sostenute dai fatti.
Chi avrà assoporata, la primericcia lugliese, la duretta sanginella , la dolce muscatella, la fragante
malvasia, la rubiconda biancolella, la nutriti va uva-pane, la dolce vernaccia, la gustosa zibibba, la
speciosa coglionara, la stomatica uva-fragola, la tardiva catelanesca, la leggiera uva-agrilla, la dura
uva-nocella, la zuccarina sanfìlippo, il salvatico lentisco, il codacavallo, il sorbigno, e tante altre specie, potrà allora assicurarsi che alla vigna di Encadde, alla terra di Gerico ha supplito l’isola d’Ischia;
ma però vi ha supplito con il lavoro e la persistenza; sì col perseverare al laborioso coltivo di questi
alpestri vigneti.
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